Scrigno barocco

L’oratorio dell’Arciconfraternita del Rosario di Cosenza, facente parte del complesso architettonico di San Domenico, rientra a pieno titolo tra i tesori barocchi meglio conservati dell’intera regione

di Lorenzo Coscarella

“Abito in città ma questo posto non l’ho mai visto!” Oppure: “sono del luogo ma qui non sono mai stato”. Se, guardando qualche foto dell’oratorio del Rosario di Cosenza, dovessero venirvi in mente queste frasi, beh… è necessario porre rimedio.

Con la riapertura dell’oratorio dell’Arciconfraternita del Rosario di Cosenza dopo circa un decennio di restauri, infatti, è stato restituito al pubblico uno dei luoghi più significativi della storia della città. Un vero e proprio scrigno d’arte, che rientra a pieno titolo tra i tesori barocchi meglio conservati dell’intera regione.

L’oratorio è parte del complesso architettonico monumentale di San Domenico, il cui nucleo principale si iniziò a costruire a metà ‘400 su strutture preesistenti, poi evolutosi nel tempo fino a raggruppare chiese, cappelle, chiostro, convento, giardini e strutture accessorie. Almeno dal XVI secolo fu fondata al suo interno una confraternita di laici dedicata alla Madonna del Rosario e legata all’ordine dei Domenicani.

La confraternita divenne presto una delle più prestigiose della città e, nel ‘600, si dotò di un proprio luogo dove tenere assemblee e celebrare le funzioni principali. Gli stessi padri domenicani nel 1630 concessero una porzione di terreno dove già erano presenti alcune costruzioni, e i membri della confraternita si impegnarono ad edificare lì il proprio oratorio, dotarlo di fondi sufficienti, decorarlo, e farvi tenere le celebrazioni religiose sotto la guida dei padri del vicino convento.

Il risultato dell’impegno di questa confraternita nel rendere sempre più bello il proprio luogo di culto e di riunione, apportando nei secoli le modifiche dettate dai gusti e dagli stili che man mano si susseguivano, è quello che si vede ancora oggi. Alla struttura principale dei primi anni del ‘600, della quale restano i paramenti murari, si sono aggiunte col tempo le cappelle laterali, gli affreschi della fascia superiore e, nel ‘700, gli stucchi e la lunga serie di panche lignee lungo le pareti laterali, sulle quali prendevano posto i membri della congregazione.

Ma quello che attira subito l’attenzione di chi entra è il pregevole soffitto risalente anch’esso al ‘600. I grandi riquadri in legno intagliato e dorato coprono l’intera superfice, lasciando spazio ad alcune tele raffiguranti scene della vita di Cristo e della Vergine legate ai misteri del Rosario. Al centro campeggia lo stemma del committente dell’opera, Lorenzo Landi. E pensare che tutto questo, durante i bombardamenti del 1943, non è andato distrutto solo per un soffio.

Un’ultima sorpresa la riserva la cupola che sormonta la zona del presbiterio, una delle rare cupole interamente affrescate rimaste in Calabria. Il grande dipinto rappresenta la Vergine in gloria, accolta dalla Trinità tra uno stuolo di santi e angeli che ne popolano l’intera superfice.

A chi dovesse trascorrere l’estate in città, a chi è di passaggio e ad ogni curioso, consigliamo di controllare sulla pagina Facebook “Chiesa San Domenico – Missionari OMI” gli orari di apertura e pensare ad una visita. Fidatevi, ne vale la pena.

Fonte:
Lorenzo Coscarella, Scrigno barocco, in “Infonight”, agosto 2021, pp. 40-41.

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