Questo è il titolo di un articolo dello studioso cosentino Stanislao De Chiara, apparso il 1° giugno 1922 su La Lettura, rivista mensile illustrata del Corriere della Sera. Uno sguardo da Milano su Cosenza e sui cosentini protagonisti del Risorgimento.
Da un po’ di anni a questa parte, sembra che le vicende che hanno portato all’unificazione nazionale siano da relegare in uno dei tanti capitoli di un vecchio libro di storia. Tra Otto e Novecento, invece, l’attenzione verso le vicende del Risorgimento era enorme. Del periodo storico da poco vissuto si era creata una immagine, è vero, un po’ edulcorata, con l’esaltazione di eventi, battaglie e personaggi che a vario titolo avessero preso parte agli avvenimenti. Ma ciò è presto giustificabile con la necessità di cementare una identità nazionale ancora non del tutto matura, che aveva bisogno di una propria “epica nazionale” di riferimento.
A questa tendenza non si sottrassero gli studiosi locali, che partendo dalle vicende dei fratelli Bandiera avevano ben ragione a cercare di ritagliare per Cosenza lo spazio che meritava all’interno delle vicende risorgimentali. La Lettura, rivista mensile del Corriere della Sera, nel numero del 1° giugno 1922 dà spazio ad un articolo del cosentino Stanislao De Chiara (1856-1924), in cui lo studioso presenta brevemente ad un pubblico nazionale gli avvenimenti che videro la città e la sua provincia parte attiva nel processo di unificazione.
Il titolo è semplice ed eloquente: Ricordi garibaldini nella provincia di Cosenza. De Chiara parte, naturalmente, dalla vicenda dei Bandiera, ma cerca poi di porre l’accento su fatti minori, che più si caratterizzano per la loro valenza a livello locale. Il sacrificio dei fratelli veneziani e dei loro compagni è un episodio centrale ma, scrive lo studioso, “Cosenza […] ha maggiori titoli di questo, a dir il vero, per aspirare alla riconoscenza degl’italiani: titoli, acquistati dai suoi figli, e prima e dopo, della celebre spedizione, con fatti ugualmente gloriosi compiuti per amore della libertà e per odio della tirannide”.
Il principale riferimento è alla sommossa cittadina del 15 marzo 1844. Proprio l’eco di questa rivolta aveva spinto i “fuoriusciti esteri” (come erano chiamati i fratelli Bandiera e i loro compagni dai borbonici) a partire per la Calabria nel tentativo di dare manforte agli insorti.
Attenzione particolare dà poi De Chiara alla spedizione dei Mille, ed ai nove della provincia che vi presero parte, sottolineando il ruolo del cosentino Luigi Miceli. Come indica lo stesso titolo, la figura di Garibaldi, l’eroe per eccellenza, ha un ruolo centrale nell’articolo.
Se ne citano le varie soste, il rapporto con Donato Morelli, le imprese che permisero di sbaragliare le truppe borboniche, fino a riportare il famoso telegramma dettato da Garibaldi nei pressi di Soveria: “Dite al mondo che ieri coi miei prodi calabresi feci abbassare le armi a 10.000 soldati”.
Emerge chiaramente, nel leggere l’articolo, la volontà di De Chiara di far conoscere il ruolo svolto dalla sua città in queste vicende ormai “leggendarie”. Un po’ quello che si cerca di fare qui, certo con minore enfasi, dando spazio a chi quegli eventi li ha prodotti ma anche a chi li ha poi raccontati.
Lorenzo Coscarella
PdV, 17/03/2011, p.12