Libri: Mario Vicino, Calabria terra di capolavori

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Calabria. Terra di capolavori. Dal Medioevo al Novecento. È questo il titolo dell’ultima pubblicazione di Mario Vicino, che si aggiunge al folto catalogo di opere che lo storico dell’Arte di Castrovillari ha tributato al patrimonio artistico della nostra terra. È la celebre Immacolata di Luca Giordano che si presta a far da copertina al libro, un’opera custodita attualmente presso il Museo Diocesano di Cosenza e realizzata nel ‘600 dal Continua a leggere

Gioacchino e i “duo viri”. Una profezia per immagini

Una leggenda medioevale vuole che l’abate calabrese abbia profetizzato a Venezia la venuta di “due uomini” identificati in Francesco e Domenico.

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Gioacchino_da_Fiore Sulla figura di Gioacchino da Fiore, l’abate calabrese che Dante nella Divina Commedia definisce “di spirito profetico dotato”, si è tornato a parlare e a scrivere dopo un periodo di relativo silenzio durato più secoli.

In questo “silenzio” però Gioacchino non è sparito dalla scena, e nelle opere più disparate si trovano sparse tracce e riferimenti ai suoi libri, al suo pensiero e, perché no, a profezie e leggende a lui collegate.

Furono proprio le profezie del monaco calabrese, vere o presunte, a lasciare l’eco più duratura, motivo per cui la stessa Chiesa cominciò a guardare a Gioacchino con sospetto sempre maggiore. 

Gioacchino-da-Fiore-Francesco-Domenico-VeneziaNonostante ciò, l’Abate di Fiore continuava a far parlare di sé. In particolare in ambito francescano. Nell’opera di Zaccaria Boverio “Annali dell’ordine de’ Frati Minori Cappuccini”, degli anni ’40 del ‘600, sono riprodotte diverse incisioni e tra queste appare un particolare della basilica di San Marco a Venezia, dove nell’arco che sovrasta la “porta del tesoro” erano rappresentati i santi Domenico e Francesco d’Assisi. L’immagine riprodotta è strettamente legata ad una profezia di Gioacchino da Fiore, ed è lo stesso Boverio a sottolinearlo.

Scrive infatti che le immagini “furono dissignate, & fatte formare a mosaico sopra la porta del tesoro del famosissimo Tempio Ducale di S. Marco Evangelista, dall’Abbate Giovanni Gioachino, che visse avanti, che questi gloriosi Santi nascessero al Mondo”. Altre fonti precisano addirittura che l’abate “dissignò le dette figure con le proprie mani”. Un Gioacchino che sarebbe anche artista a questo punto.

Gioacchino-da-Fiore-Duo-ViriInutile dire che non c’è riferimento nella vita di Gioacchino a soggiorni veneziani, ma è difficile in questi casi far combaciare la storia e la leggenda. Nel corso di questa sua permanenza a Venezia l’abate avrebbe dunque profetizzato la venuta di S. Domenico e S. Francesco d’Assisi e dei rispettivi ordini, ritraendone le figure nell’arco della basilica di S. Marco prima ancora che i due santi nascessero, o comunque che fondassero i loro ordini religiosi.

È la cosiddetta profezia dei “duo viri”, perché Gioacchino avrebbe predetto che sarebbero venuti due uomini “uno di qua e l’altro di là”: “erunt duo viri, unus hinc, et alius inde, qui duo Ordines interpretantur: unus Italus, scilicet de Tuscia, et alter Hispanus; primus colombinus, secundus corvinus”.

duo_viri_surseeÈ una profezia-leggenda, conosciuta dagli studiosi perché ha influenzato anche Dante e che attraverso i francescani giunse perfino in America Latina, dove diverse opere d’arte di ispirazione francescana hanno riferimenti gioachimiti. Un esempio si trova anche in Svizzera, nel convento cappuccino di Sursee, dove uno dei dipinti del ‘600 che abbelliscono il chiostro ricorda proprio l’incisione usata da Boverio, con la figura di Gioacchino al posto di quella di S. Domenico.

In fin dei conti, anche se Gioacchino non fu artista in prima persona, con la sua figura riuscì ad esercitare una certa influenza perfino in ambito artistico.

Lorenzo Coscarella

(Articolo intero su Parola di Vita, 9/10/2014, p. 20)

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Il castello di Savuto

Tra le due province di Cosenza e Catanzaro, la fortezza dominava l’ingresso della valle che prende il nome dal paese e dal fiume, antica via di comunicazione dalla costa verso l’interno. Il_Castello_di_Savuto Il castello di Savuto, con la sua mole imponente ma segnata dal tempo, domina ancora non solo il villaggio ma anche tutta la vallata sottostante, nel quale scorre il fiume che ha lo stesso nome del paese. Savuto: l'ingresso della fortezzaLa zona era strategica: lungo una antica via di comunicazione, a pochi passi dalla costa tirrenica, e all’imbocco della valle che bisognava attraversare per addentrarsi nell’entroterra calabro e giungere fino a Cosenza. Un territorio ancora oggi di confine, visto che segna il limite tra le due province di Cosenza e Catanzaro. Il paese di Savuto è oggi frazione del comune di Cleto, ma ebbe in passato una maggiore autonomia, oltre che un più alto numero di abitanti rispetto agli attuali. Per la sua rilevanza appartenne a diverse famiglie nobiliari, che ne fecero il loro feudo e il cui potere era simboleggiato proprio dalla mole del castello. Savuto, arcate del castelloTra queste i D’Aquino, legati anche allo sviluppo del vicino paese di S. Mango che proprio da Savuto trae le sue origini. Una interessante iscrizione cinquecentesca visibile lungo l’accesso al maniero ricorda invece la presenza di Eliodora Sambiase, giovane vedova di Ascanio Arnone. Iscrizione ora deturpata da un cancello ma che, difficoltà di lettura permettendo, potrebbe trascriversi: “TEMPLA DEO NYMPHIS LIMPHAS HORTOSQ. VIRE(N)TES/ HANC ARCEM INDIGEN[S O]MNIBVS HOSPITIUM/ SABATII HELIODORA POTE(N)S SA(N)BLASIA PRA …/ARNONIO QUONDAM IVNCTA PVELLA VIRO”.

Dopo essere stato adibito a vari usi l’edificio è attualmente semi abbandonato, ma sono ancora ben visibili le tracce del periodo medioevale e rinascimentale in cui svolse la funzione di fortificazione. Sono moltissime le feritoie presenti tra le mura utilizzate un tempo come punti di fuoco, e lo stesso ingresso è racchiuso in un bastione cilindrico merlato.

Savuto: il centro storico con in alto il castelloSulla parte più alta della collina la torre cilindrica segna la zona più antica del maniero, ora coperta da vegetazione, accanto alla quale presumibilmente si è evoluta la zona che dovette essere adibita ad abitazione signorile. Già l’ampia volta dell’androne d’ingresso ci dà l’idea dell’imponenza che dovette avere la struttura, che sembra essere stata frazionata in più unità abitative utilizzate fino a pochi decenni fa. Negli ampi spazi aperti dominano ora i fichi d’india, e non manca un pollaio che contribuisce però a dare un tocco di vita alla struttura. È interessante scorgere qua e là i segni del complesso architettonico originario, tra archi in pietra, portali in tufo murati, grandi camini e perfino i resti di un probabile altare settecentesco in muratura, che doveva far parte di una piccola cappella nella zona del cortile centrale dal lato opposto dell’ingresso. Castello di Savuto: ruderi, pollai e fichidindiaI ruderi hanno il loro fascino, ma non si può fare a meno di pensare che la struttura sarebbe ancora in buona parte recuperabile. Da quanto appreso alcuni progetti di valorizzazione dovrebbero partire presto. In questo modo il comune di Cleto potrebbe essere uno dei pochi ad offrire ai turisti i resti di ben due castelli da visitare.

Lorenzo Coscarella

(Parola di Vita, A.7 n.27, 25/09/2014, p.21)

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