La Stauroteca

Eccezionale esempio di oreficeria medievale, secondo la tradizione la stauroteca di Cosenza giunse in città nel 1222 come dono dell’imperatore Federico II di Svevia alla cattedrale appena consacrata

La stauroteca di Cosenza è un vero e proprio simbolo della città. Questo capolavoro di oreficeria medioevale è forse il manufatto più conosciuto, studiato e fotografato, sia per il suo elevato pregio artistico sia per il carico di storie e di leggende che le sono affiancate ormai da secoli. Non a caso all’intero Museo Diocesano è il pezzo che catalizza maggiormente l’attenzione dei turisti, collocato in una teca al centro di una saletta circolare per permetterne al meglio la visione di entrambi i lati.

Una leggenda più volte ripresa dalla storiografia locale vuole che sia il dono offerto dall’imperatore Federico II alla città in occasione della consacrazione della Cattedrale, avvenuta il 30 gennaio 1222 e alla quale avrebbe preso parte lo stesso imperatore. L’epoca di realizzazione dell’opera viene però considerata precedente a questa data, ritenendo che sia stata realizzata attorno alla metà del XII sec. nel Tiraz, l’opificio fatto impiantare da Ruggero II a Palermo che aveva il compito di realizzare manufatti per i reali normanni.

Il termine stauroteca deriva dai termini greci stauros, che significa legno o croce, e theke, custodia. È infatti una croce-reliquiario visto che al suo interno, in un piccolo vano coperto da un vetro, è conservato un pezzo di legno che apparterrebbe alla vera croce di Cristo.

Tutte e due le facce della croce sono infatti decorate con ori e smalti. Il recto della stauroteca presenta cinque tondi decorati a smalto e raffiguranti al centro Cristo Pantocratore e alle quattro estremità i tondi con i quattro evangelisti. Nel braccio della croce, sotto il tondo rappresentante il Cristo, è presente la piccola custodia cruciforme contenente la reliquia della Croce. Il verso della stauroteca presenta invece al centro il Cristo Crocefisso, anch’esso realizzato a smalti. I tondi alle estremità della croce rappresentano la Madonna, S. Giovanni Battista, rispettivamente alla destra e alla sinistra del Cristo così come nelle Deisis di tradizione bizantina, poi in alto l’arcangelo S. Michele e in basso la rappresentazione di un altare a richiamare l’Eucarestia.

Il piede della stauroteca non è coevo alla parte superiore, ma è un’opera del XV con decorazioni in stile gotico, anch’essa di pregevole fattura.

Per secoli questo capolavoro d’arte venne conservato nel tesoro della cattedrale. Oggi, dopo varie vicende e dopo la collocazione nel Museo che ne permette la fruibilità da parte dei visitatori, viene ancora esposta in cattedrale nel Venerdì Santo durante le funzioni che celebrano la Passione del Cristo.

Fonte:
Lorenzo Coscarella, Il simbolo della Città custodito all’interno del Museo Diocesano, in “Parola di Vita”, 15 marzo 2018, p. 11.

La Cattedrale di Cosenza compie 800 anni

La data e le notizie sulla consacrazione del 1222 sono state tramandate da una antica pergamena custodita nell’Archivio Diocesano, ripresa da numerosi storici

Dopo la distruzione subita a causa del terremoto del 1184 e i lunghi lavori di ricostruzione che ne seguirono, la cattedrale di Cosenza venne consacrata solennemente il 30 gennaio dell’anno 1222. È una delle date “simbolo” della storia di Cosenza, passata agli annali, oltre che per la consacrazione del principale edificio sacro della diocesi, anche per la venuta in città dell’imperatore Federico II di Svevia e per il dono che questi fece all’arcivescovo Luca della preziosa stauroteca.

La notizia della consacrazione, della data in cui avvenne, e della presenza dell’Imperatore, ripresa da tutte le fonti, ci viene in particolare tramandata da una antica pergamena custodita attualmente presso l’Archivio storico diocesano di Cosenza. Il documento, anche se in una copia che sembra risalire al XV secolo, riporta il testo dell’originaria bolla di consacrazione del duomo del 1222 e contiene un elenco dei vescovi intervenuti, il riferimento alla presenza di Federico II, il numero e il titolo degli altari consacrati e l’elenco delle reliquie inserite al loro interno.

Proprio la presenza dell’Imperatore, del legato papale Niccolò Chiaramonte, ed il gran numero dei vescovi intervenuti (Reggio, Taranto, Bisignano, San Marco, Siracusa, Nicastro, Martirano, Belcastro, Mileto, oltre che il Legato papale e l’Arcivescovo di Cosenza) dà l’idea della solennità dell’evento, durante il quale l’altare maggiore dedicato alla Vergine venne consacrato dal rappresentante del papa, quello di mezzogiorno dedicato a S. Giovanni Battista da Ruggero vescovo di Mileto, e quello di settentrione dedicato ai santi Pietro e Paolo da Guglielmo vescovo di Bisignano. L’elenco delle reliquie è imponente, e si accordavano delle indulgenze a chi nei giorni seguenti avesse visitato il tempio appena consacrato, e a chi lo avesse fatto ogni anno nell’anniversario della consacrazione. Poco noto è che il giorno successivo venne benedetto anche il cimitero della cattedrale stessa.

Questa preziosa testimonianza è giunta fino a noi perché era conservata, insieme ad un altro gruppo di pergamene, presso l’archivio del Capitolo della Cattedrale che si trovava presso la stessa chiesa, mentre molti antichi documenti custoditi nell’archivio della curia andarono perduti in seguito a distruzioni e dispersioni avvenute fino all’800. Il documento doveva essere conosciuto e citato già nel ‘500.

Nel 1667 l’intero testo del documento venne trascritto dall’abate cistercense Ferdinando Ughelli nel nono tomo della sua monumentale “Italia sacra”, nella quale descrive la storia delle diocesi italiane riportando anche documenti altrimenti non più reperibili. Grazie all’opera di Ughelli il testo è stato conosciuto anche oltre i confini nazionali, venendo riportato anche nella “Historia diplomatica Friderici Secundi” edita a Parigi nel 1852, che raccoglie i documenti legati alla figura dell’Imperatore.

Ma una delle testimonianze più interessanti la troviamo in un altro autore locale: il mai abbastanza studiato Domenico Martire. Martire, nella sua “La Calabria Sacra e Profana”, scrisse della consacrazione della cattedrale avvenuta il 30 gennaio 1222 e fa un esplicito riferimento al documento, definito “Istromento nell’Archivio del Capitolo di Cosenza”. E fa anche di più. Scrive infatti che il documento “leggesi ogni anno in detto giorno”, attestando così come ancora nella seconda metà del ‘600, il 30 gennaio di ogni anno veniva solennizzata la ricorrenza dell’anniversario e veniva data lettura della bolla di consacrazione.

Una ulteriore consacrazione dell’intera chiesa avvenne il 25 giugno 1759, dopo i lavori di rifacimento di mons. Capece Galeotta, e da allora è questa la data che, dal punto di vista liturgico, ricorda la “dedicazione” della cattedrale.

Lorenzo Coscarella

Fonte articolo intero:
Lorenzo Coscarella, La bolla che svela i segreti della Cattedrale, in “Parola di Vita”, 27 gennaio 2022, p. 16.

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