Eugenio Cenisio, un artista cosentino del ‘900

Nato a Rose nel 1923 e allievo di Emilio Iuso, molte sue opere si trovano in edifici ecclesiastici e collezioni private locali. Il comune di Cosenza gli ha dedicato una piazza

di Lorenzo Coscarella

Tra i pittori-decoratori che caratterizzarono la vita artistica della Cosenza del ‘900 ricopre un posto particolare Eugenio Cenisio. Nato a Rose nel 1923, fu allievo di Emilio Iuso, artista che eseguì numerosi dipinti nelle chiese del Cosentino, e lo stesso Cenisio continuò sulla strada del maestro tanto che le sue opere si trovano sparse in numerosi edifici sacri della provincia. Oltre all’apprendistato sul campo, però, il giovane artista perfezionò la sua arte intraprendendo anche degli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e diventando docente d’arte nelle scuole della sua città.

Cenisio ha lasciato una produzione sterminata di dipinti a tela, acquerelli, illustrazioni, dedicandosi molto alla rappresentazione di paesaggi e di scene di vita quotidiana, con un’attenzione particolare alla figura della donna. Molte sue opere si trovano in collezioni private e di pubbliche istituzioni, ma è all’interno delle chiese sparse sul territorio che è possibile ammirare alcuni dei suoi lavori più pregevoli. Come impresa decorativa merita di essere segnalato il lavoro eseguito nel Salone degli stemmi del palazzo arcivescovile di Cosenza, nel quale ha riprodotto sul soffitto un decoro a cassettoni e sulla fascia superiore della parete una iscrizione dipinta ad effetto mosaico, oltre alle insegne araldiche dei presuli cosentini. Resta ormai poco di uno dei lavori giovanili più interessanti dell’artista: l’intero ciclo decorativo della chiesa della Madonna di Fatima a Borgo Partenope, completato nel 1953. Nell’ampia navata Eugenio Cenisio si occupò sia di decorare pareti e soffitto, caratterizzati dalle tonalità pastello, sia di realizzare due grandi dipinti murali: una Immacolata Concezione al centro del soffitto della navata e, sulla parete di fondo del presbiterio, l’apparizione della Madonna ai tre pastorelli.

Altri suoi lavori si trovano nelle chiese di Donnici, Montalto, San Marco Argentano, Rose (solo per citare alcune località), e in questo ambito si occupò anche di restauri, intervenendo in Cattedrale sugli affreschi degli Apostoli eseguiti da Paolo Veltri e nelle chiese di Paola, Pizzo Calabro, Montauro. Particolare la vetrata che raffigura S. Francesco di Paola che attraversa lo Stretto di Messina, sulla facciata della chiesa dedicata al Santo a Cosenza, mentre è stata poco sottolineata la vasta attività nel campo della grafica, con le illustrazioni per diversi volumi.

Cenisio morì a Cosenza nel 1993, lasciando, oltre alle sue opere, il ricordo della sua attività di docente in molti dei suoi alunni. Alcuni anni dopo a Cosenza gli è stata dedicata la piazza tra il palazzo municipale e la nuova chiesa di San Nicola. Si segnala però la necessità di urgenti interventi per il dipinto murale dell’Apparizione della Madonna a Fatima a Borgo Partenope, ultimo superstite della decorazione della chiesa e ormai minacciato anch’esso dal crollo della copertura soprastante.

Fonte:
Lorenzo Coscarella, Eugenio Cenisio pittore, decoratore e artista cosentino del ‘900, in “Parola di Vita”, 26 luglio 2023, p. 8.

Le cripte “a scolatoio” di Cosenza

Diverse chiese cosentine presentano dei vani sepolcrali sotterranei dotati di nicchie con scolatoi. La cripta del Santissimo Salvatore, resa fruibile di recente, è uno degli esempi più interessanti.

Le usanze connesse alla morte, con tutto ciò che ne deriva dal punto di vista sociale, economico, e perché no anche artistico, negli ultimi due secoli hanno conosciuto un radicale mutamento. Ciò che oggi sembra afferire soprattutto alla vita privata, con rigide prescrizioni igienico-sanitarie a regolare alcune fasi, aveva in passato una dimensione pubblica e alcune usanze erano decisamente meno salubri, tra cui l’utilizzo delle chiese come luoghi di sepoltura.

Tutti sanno che l’editto di Saint Cloud, emanato da Napoleone nel 1804, vietò in Francia e nei paesi ad essa assoggettati (tra cui buona parte d’Italia), di seppellire i morti all’interno delle chiese. Pochi sanno, però, che questa prescrizione trovò nel resto del paese, e soprattutto nel Sud della penisola, una applicazione molto lenta.

Una “cruda” descrizione di ciò che ancora nel 1864 avveniva a Cosenza in questi casi ci viene presentata nei suoi scritti da Vincenzo Padula, letterato e sacerdote di Acri, secondo il quale in alcune chiese cittadine i morti venivano lasciati “disseccare” come dei “baccalà”. È un chiaro riferimento all’usanza di seppellire i defunti all’interno delle cripte cosiddette “a scolatoio”, nelle quali il cadavere veniva fatto asciugare naturalmente favorendo il deflusso dei liquidi corporei e “essiccando” il resto. Non solo. Padula aggiunge anche un altro particolare sull’usanza di far visita ad alcune di queste cripte in alcuni periodi, a rimarcare la labilità del confine tra la vita e la morte e per gli uomini del passato. Padula faceva riferimento, in particolare, al Cimitero di Santa Caterina, parte del complesso di San Francesco d’Assisi i cui locali furono svuotati e adibiti ad altro uso già nell‘800, ma nella città di Cosenza ci sono altri esempi.

Uno di quelli meglio conservati è la cripta della chiesa del SS. Salvatore, già dell’Arciconfraternita dei Sarti, fondata nel 1565. Nella navata, poco oltre l’ingresso, un’apertura nel pavimento dà accesso alla scala che immette nel locale dello scolatoio. Si tratta di un locale rettangolare coperto da volta a botte, che presenta un basso sedile che corre lungo tutto il perimetro della sala, con una serie di nicchie lungo le pareti. Al centro del soffitto una apertura comunicava con la navata soprastante, mentre in fondo alla sala un arco in tufo immette in un altro locale di minori dimensioni.

A Cosenza ce ne sono diversi altri, la gran parte dei quali però non è fruibile sia per le oggettive difficoltà di accesso, sia per le precarie condizioni statiche di scale e locali. Questa tipologia di cripta viene da qualche tempo, e poco pertinentemente, indicata con il nome “putridarium”, termine di recente utilizzo che asseconda un certo retrogusto macabro ma che non trova conferma nelle fonti locali d’epoca, che parlano genericamente di “sepolture”.

Un esempio molto interessante è quello della cripta con scolatoio presente sotto la cappella ottagonale della chiesa di San Domenico (PdV, 09/05/2013), un vano semicircolare caratterizzato da sedili in pietra. Altra cripta è presente sotto l’oratorio del Suffragio annesso alla chiesa di San Gaetano. Nella cattedrale merita un accenno la cripta a scolatoio all’interno della cappella dei Nobili, caratterizzata anch’essa da apertura della scala che immette nel piccolo vano circondato da sedili posto quasi al centro della cappella.

Particolarmente importante, ma di difficile accesso per condizioni pratiche, è poi il complesso di vani sottostanti la cappella della Consolazione nella chiesa di Sant’Agostino. Di sicuro altre chiese e cappelle cosentine avranno ulteriori esempi di questo tipo di sepoltura. Intanto la fruibilità della cripta dei sarti del SS. Salvatore permette di fare esperienza di un luogo simile. Un mondo tutto da indagare, al quale avvicinarsi senza pregiudizi e contestualizzando pratiche e spazi nel periodo di utilizzo, sapendo che si tratta di tracce significative della storia di un luogo.

Lorenzo Coscarella

Fonte articolo integrale:
Lorenzo Coscarella, Le cripte “a scolatoio” di Cosenza, in «Parola di Vita», 14 settembre 2022, p. 9.

Presentati i 28 corali della Biblioteca Civica di Cosenza

Risalgono al XVI secolo e vennero eseguiti da amanuensi monastici calabresi. Giunsero alla Biblioteca Civica di Cosenza probabilmente nella seconda metà dell’Ottocento, in seguito alla soppressione dei monasteri

Che la Biblioteca Civica di Cosenza sia uno scrigno di tesori è risaputo, almeno da parte di chi a Cosenza è attento al patrimonio culturale cittadino. Spesso “matrattata” e mai abbastanza valorizzata, la Civica continua però a conservare e a restituire “pezzi” importanti della storia cosentina, e non solo. Lunedì 11 ottobre 2021 sono stati presentati al pubblico, intervenuto all’evento organizzato dall’Accademia Cosentina, i 28 corali liturgici pergamenacei che nello scorso anno sono stati oggetto di consistenti interventi conservativi.

Volumi realizzati su pergamena e in grande formato, in modo da poter essere utilizzati per il canto nel coro, i corali risalgono al XVI secolo e vennero eseguiti da amanuensi monastici calabresi. Giunsero alla Biblioteca Civica di Cosenza probabilmente nella seconda metà dell’Ottocento, in seguito alla soppressione dei monasteri presso i quali erano conservati, scampando così alla sorte di molti altri beni andati dispersi.

I corali hanno subito anche le traversie recenti della Civica e, a causa di un incalzante deterioramento, avevano bisogno di interventi urgenti. Grazie all’impegno delle istituzioni periferiche del Ministero della Cultura operanti sul territorio è stato possibile attingere così ai finanziamenti necessari per eseguire i lavori di conservazione, eseguiti nel corso del 2020.

L’evento di presentazione, introdotto dal presidente dell’Accademia Cosentina Antonio D’Elia, ha visto la partecipazione della direttrice della Biblioteca Civica Antonella Gentile e del direttore della Biblioteca Nazionale Massimo De Buono. La restituzione al pubblico di questo tesoro culturale rappresenta il frutto dell’accordo di valorizzazione, o “patto”, come lo definisce il presidente D’Elia, tra Ministero della Cultura, per il quale ha avuto un ruolo significativo il sottosegretario Anna Laura Orrico, Biblioteca Nazionale di Cosenza, Accademia Cosentina e Biblioteca Civica. Ministero e Soprintendenza hanno curato la parte tecnica e progettuale e la Biblioteca Nazionale ha seguito tutto l’iter per concretizzare l’intervento.

La dottoressa Annamaria Santoro, della Biblioteca Nazionale di Cosenza, ha sottolineato il lavoro di sinergia tra le varie istituzioni, un’occasione virtuosa che ha permesso di condurre un intervento conservativo che ha salvato dei veri e propri capolavori. Le relazioni che hanno tratteggiato nel dettaglio gli interventi condotti e l’importanza che i corali della Biblioteca Civica rappresentano non solo per Cosenza, ma per l’intero Mezzogiorno, sono state tenute dal soprintendente archivistico e bibliografico della Calabria Gabriele Capone e dall’ispettore onorario della Soprintendenza Alda Arilotta.

Il restauro è stato tenuto dal laboratorio di restauro Scripta Manent di Reggio Calabria. Durante l’evento è stato anticipato che si spera di potere avviare interventi di conservazione anche per diverse pergamene e per alcune platee conservate dalla Biblioteca Civica, e soprattutto, come auspicato da tutti, che si possa valorizzare al meglio questi tesori troppo spesso negletti.

Lorenzo Coscarella

Fonte articolo:
Lorenzo Coscarella, Presentati i 28 cortali della Biblioteca Civica, in “Parola di Vita”, 14 ottobre 2021, p. 16.

Foto pagina Fb “Soprintendenza archivistica e bibliografica della Calabria”

I mulini ad acqua di Cosenza

Sulle rive del Busento e del Crati nei secoli scorsi operarono diversi mulini ad acqua per la macinazione di cereali. Un tempo fondamentali anche per l’economia cittadina, oggi non ne resta quasi traccia.

Si pensa ai mulini ad acqua per la macinazione di grano e altri cereali come strutture specifiche di paesaggi di campagna, funzionali ad una economia tipicamente rurale. In realtà a Cosenza, bagnata dai grossi fiumi Crati e Busento e da vari altri loro affluenti, i mulini ad acqua erano tanti, ed erano costruiti lungo i fiumi fin quasi nella città. Se ne ha attestazione almeno dal Basso Medioevo.
Nel 1208, ad esempio, Federico II concedeva diversi beni all’abbazia di S. Maria della Sambucina, a Luzzi. Molti dei possedimenti concessi si trovavano nelle pertinenze della città di Cosenza e tra questi figurava anche un mulino sul fiume Busento.

Una importante attestazione, sia documentale che grafica, della presenza dei mulini nella Cosenza del ‘500 ci viene fornita dalla nota raffigurazione della città nota come “Carta dell’Angelica”, elaborata intorno al 1584. Nella carta sono localizzati più mulini, indicati come “Molina di Crati” e “Molina di basenti” e distribuiti sui rispettivi fiumi. Graficamente le costruzioni dei mulini sono rappresentate come piccoli edifici caratterizzati da grandi archi nella parte inferiore, ad indicare la bocca per la fuoriuscita dell’acqua verso i vicini fiumi.

Di seguito alcune rielaborazioni realizzate utilizzando le raffigurazioni dei mulini ad acqua individuabili nella carta del 1584 e nella stampa pubblicata da Pacichelli del periodo 1698-1703, ed altre coeve. In quella che segue sono evidenziati i mulini sul fiume Busento:

Cosa rimane oggi dei mulini sul Busento? Ci sono ancora dei resti di un mulino verso la confluenza con il fiume Jassa, inglobato in altri edifici e circondato da abitazioni. Non è certo che sia uno di quelli presenti nelle raffigurazioni citate, ma è la testimonianza che la loro attività è stata utile all’economia locale probabilmente fino agli inizi del ‘900.
Nella stessa zona, poco più a monte ma ricadendo già nel comune di Dipignano, è ancora presente il toponimo “molino irto”.

Nella rielaborazione che segue sono invece evidenziati i mulini sul fiume Crati:

La testimonianza visuale più datata è ancora una volta quella della carta dell’Angelica, di fine ‘500. Di sicuro un mulino sulla sponda destra del Crati è stato attivo fino alla metà del ‘900. Era il Mulino Leonetti, nel quartiere della Massa-Sant’Agostino, mulino originariamente ad acqua il cui canale pescava dal torrente Caricchio. Venne trasformato in mulino elettrico probabilmente agli inizi del ‘900 e la sua struttura è stata col tempo rimaneggiata e ampliata tanto da ospitare anche una scuola fino a qualche anno fa.

Nell’articolo pubblicato sul settimanale Parola di Vita è possibile trovare ulteriori notizie e approfondimenti su alcuni aspetti storici della presenza dei mulini a Cosenza.
Per chi fosse interessato all’argomento, invece, si segnala il gruppo Facebook Mulini ad acqua di Calabria, dove è possibile ripescare post e discussioni non solo sui mulini di Cosenza e del Cosentino, ma dell’intera regione.

Lorenzo Coscarella

Clicca sull’immagine per leggere l’articolo intero pubblicato su Parola di Vita del 22-07-2021:

Lorenzo Coscarella, La storia dei mulini ad acqua di Cosenza, in “Parola di Vita”, 22 luglio 2021, p. 8.

Il popolarismo nel Mezzogiorno nel libro di Lorenzo Coscarella e Paolo Palma

Il volume, che raccoglie gli atti del convegno nazionale dell’ICSAIC “Alla scuola di don Sturzo. Il popolarismo nel Mezzogiorno a cento anni dall’Appello ai liberi e forti”, presenta un bilancio critico del popolarismo in Calabria e nel Sud Italia

L’esperienza del Partito popolare italiano, fondato nel 1919 da don Luigi Sturzo, fu breve ma significativa. Dopo decenni nei quali il non expedit aveva, almeno ufficialmente, limitato la partecipazione dei cattolici italiani alla politica attiva, il nuovo partito si proponeva di rappresentarne a livello politico le istanze. Del resto la limitazione politica non aveva significato immobilità, né assenza di partecipazione alla vita sociale del paese. Anzi, il movimento cattolico era attivo su più fronti, basti pensare alla diffusione di leghe del lavoro e classi rurali di ispirazione cattolica che si diffusero in molte zone italiane.

La ricorrenza del centenario della fondazione del Ppi ha dato occasione di riflettere ancora su questa importante esperienza, in continuità con gli studi che, floridi nei decenni passati, si erano diradati negli ultimi anni. Il volume “Alla scuola di don Sturzo. Il popolarismo nel Mezzogiorno a cento anni dall’Appello ai liberi e forti”, pubblicato da Pellegrini Editore, si inserisce in questo filone, aggiornando gli studi presenti sul Mezzogiorno in generale e sulla Calabria in particolare. Il libro è curato da Lorenzo Coscarella e Paolo Palma. Coscarella, giornalista e insegnante, è membro del Direttivo dell’ICSAIC ed ha all’attivo diversi articoli e pubblicazioni di carattere storico. Dal 2011 collabora con “Parola di Vita”, curando in special modo la pagina dedicata agli approfondimenti storico-culturali. Paolo Palma, storico, giornalista parlamentare e già deputato nella XIII legislatura, è il presidente dell’ICSAIC ed è autore di vari volumi e saggi, con particolare attenzione per l’antifascismo di matrice repubblicana.

L’opera raccoglie gli atti del convegno nazionale tenutosi all’Università della Calabria il 13 novembre 2019 e organizzato in occasione del centenario dell’Appello ai liberi e forti dall’ICSAIC, l’Istituto Calabrese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea, impegnato a livello regionale sin dal 1983 nella ricerca e nella valorizzazione della storia contemporanea calabrese e non solo. Come il convegno, anche il volume è dedicato a quattro personalità che hanno lasciato il segno negli studi sul movimento cattolico calabrese e meridionale: Antonio Guarasci, Pietro Borzomati, Luigi Intrieri e Maria Mariotti.

“Quello presentato dal volume – come evidenziano i curatori – è un bilancio critico. Come i contributi dei vari autori hanno mostrato, la scuola di don Sturzo non fu sufficiente al Ppi, un secolo fa, per radicarsi nel Mezzogiorno per come il suo fondatore avrebbe voluto, puntando a una radicale democratizzazione dello Stato”. Al Sud, infatti, l’impostazione sturziana si scontrò con diversi fattori endemici. In vari territori il partito dovette scendere a compromessi con il notabilato e con le altre forze politiche già dominanti a livello locale, fino poi a finire quasi “schiacciato nella morsa della destra cattolica” ormai vicina al fascismo.

L’opera presenta le relazioni di studiosi esperti ed autorevoli. L’introduzione riporta i saluti di Paolo Palma, Presidente dell’ICSAIC e curatore del volume, di Nicola Antonetti, presidente dell’Istituto Luigi Sturzo di Roma, di Raffaele Cananzi, già presidente dell’Azione Cattolica e deputato del nuovo Ppi, e di Francesco Raniolo, direttore del DISPeS dell’Unical. Roberto P. Violi, dell’Università di Cassino, nel suo intervento su Partito popolare, democrazia e integrazione nazionale nell’Italia meridionale, ha messo in evidenza lo scostamento del Ppi al Sud dal progetto originario sturziano. Giuseppe Palmisciano, della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli, si è occupato di analizzare i rapporti tra Chiesa e Ppi al Sud, ricorrendo a documentazione dell’Archivio apostolico vaticano che tocca anche diverse realtà locali, tra cui la Basilicata di don Vincenzo D’Elia, uno dei collaboratori di Sturzo.

Da segnalare anche il contributo di Daria De Donno, dell’Università del Salento, che esamina la parabola del Ppi in Puglia rilevando come le vicende del popolarismo nel Meridione seguano un “successo a geografie differenziate”. Antonio Costabile, dell’Università della Calabria, analizza invece con uno sguardo sociologico il rapporto tra popolarismo e populismo. Particolarmente significativi gli approfondimenti legati alla Calabria. L’attività politica dei cattolici durante la Grande Guerra è esaminata nella relazione di Giuseppe Ferraro, dell’Università di San Marino, mentre il direttore dell’Archivio storico diocesano di Cosenza, Vincenzo A. Tucci, si è soffermato sui rapporti tra Chiesa, vescovi e politica nel Cosentino nel 1919. Lorenzo Coscarella, curatore del volume, analizza invece le vicende del popolarismo a Cosenza e nella sua provincia, dalla nascita fino al lento declino dovuto al rafforzamento del potere fascista. Non mancano gli interventi dedicati alle figure più rappresentative di quell’esperienza, come quella di Vito Giuseppe Galati, oggetto della relazione di Vittorio De Marco dell’Università del Salento; di don Francesco Caporale, approfondita nella relazione del vescovo di Oppido Mamertina-Palmi mons. Francesco Milito, e di don Luigi Nicoletti, tratteggiata nell’intervento del vescovo di San Marco Argentano-Scalea mons. Leonardo Bonanno.

Vittorio Cappelli, direttore dell’ICSAIC, ha invece approfondito il rapporto tra don Carlo De Cardona, principale organizzatore del movimento cattolico cosentino, ed il fratello Nicola, attivo dirigente prima del Partito socialista e, dal 1921, di quello comunista. Conclude il volume l’intervento di Francesco Altimari, che si sofferma sulle vicende del popolarismo nei paesi arbëreshë attraverso la documentazione inedita di Achille Altimari. I contributi raccolti nel volume, dunque, presentano e analizzano vicende e protagonisti del popolarismo sturziano sottolineando ciascuno un aspetto peculiare, con attenzione alle esperienze calabresi e uno sguardo più ampio all’intero Mezzogiorno.

Redazione PdV

Parola di Vita, 25 marzo 2021, p. 11

Libri: Mario Vicino, Calabria terra di capolavori

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Calabria. Terra di capolavori. Dal Medioevo al Novecento. È questo il titolo dell’ultima pubblicazione di Mario Vicino, che si aggiunge al folto catalogo di opere che lo storico dell’Arte di Castrovillari ha tributato al patrimonio artistico della nostra terra. È la celebre Immacolata di Luca Giordano che si presta a far da copertina al libro, un’opera custodita attualmente presso il Museo Diocesano di Cosenza e realizzata nel ‘600 dal Continua a leggere

Parola di Vita, da 95 anni sul territorio

Parola di Vita

Il 1° maggio del 1925 veniva pubblicato a Cosenza il primo numero di Parola di Vita, il settimanale della diocesi di Cosenza che ad oggi è uno dei più longevi giornali calabresi.

Parola di Vita CosenzaIn quel primo numero Parola di Vita si definiva “periodico bimensile di azione giovanile cattolica”, ma presto diventò voce ufficiale della diocesi di Cosenza ritagliandosi uno spazio di primo piano tra la stampa cosentina del ‘900.

Giocò un ruolo importante durante il regime fascista, quando rimase l’unico giornale relativamente libero dell’intera provincia. Tra il 1935 ed il 1938, grazie all’operato di don Luigi Nicoletti, le colonne di Parola di Vita ospitarono infatti articoli e riflessioni particolarmente critici verso il regime e soprattutto verso le politiche razziali della Germania nazista. In questi anni le posizioni espresse da Parola di Vita furono tanto coraggiose che, secondo alcuni studiosi, sulle pagine del giornale si scrissero alcune delle “pagine più belle dell’antifascismo cosentino”. Continua a leggere

Libri: Rocco Ferrari. Il romanzo della sua pittura

Rocco Ferrari Luigi Bilotto

Tra gli esponenti della pittura calabrese tra ‘800 e ‘900 che meritano di essere riscoperti, rientra sicuramente Rocco Ferrari, pittore nato a Montalto Uffugo nel 1854 e morto a Paola nel 1917, le cui opere sono sparse in numerosi edifici religiosi e civili soprattutto della provincia di Cosenza. A questa figura lo studioso Luigi Bilotto, autore Continua a leggere

Le epidemie che colpirono Cosenza

Lungo i secoli la città di Cosenza e la sua provincia furono colpite da numerose epidemie. Tra le più note la peste del 1656 e l’epidemia di colera del 1837.

Cosenza s. Rocco

Le cronache di oggi sono sature di riferimenti al virus che, partendo dalla Cina, è ormai giunto in Italia e nel resto del mondo. È grande la paura di una forte epidemia ma, guardando in retrospettiva la storia calabrese, si può comprendere come si tratti di una paura atavica, visto che quella delle epidemie è stata una delle più grandi preoccupazioni nel corso dei secoli. Continua a leggere

De Cardona, Nicoletti e la nascita del Ppi a Cosenza

Cento anni fa nasceva il Partito popolare italiano. Nel cosentino la nascita del nuovo soggetto politico fu accolta con entusiasmo e vide in prima linea don Carlo De Cardona e don Luigi Nicoletti

Partito_popolare_Cosenza

Cento anni fa, il 18 gennaio 1919, don Luigi Sturzo lanciava il celebre appello indirizzato “A tutti gli uomini liberi e forti”. Un vero e proprio manifesto politico che sanciva la nascita di un nuovo partito: il Partito popolare italiano. In realtà il nuovo soggetto politico iniziava il suo percorso sulle basi già solide delle varie organizzazioni di ispirazione cattolica presenti sul territorio nazionale. Continua a leggere