Le cripte “a scolatoio” di Cosenza

Diverse chiese cosentine presentano dei vani sepolcrali sotterranei dotati di nicchie con scolatoi. La cripta del Santissimo Salvatore, resa fruibile di recente, è uno degli esempi più interessanti.

Le usanze connesse alla morte, con tutto ciò che ne deriva dal punto di vista sociale, economico, e perché no anche artistico, negli ultimi due secoli hanno conosciuto un radicale mutamento. Ciò che oggi sembra afferire soprattutto alla vita privata, con rigide prescrizioni igienico-sanitarie a regolare alcune fasi, aveva in passato una dimensione pubblica e alcune usanze erano decisamente meno salubri, tra cui l’utilizzo delle chiese come luoghi di sepoltura.

Tutti sanno che l’editto di Saint Cloud, emanato da Napoleone nel 1804, vietò in Francia e nei paesi ad essa assoggettati (tra cui buona parte d’Italia), di seppellire i morti all’interno delle chiese. Pochi sanno, però, che questa prescrizione trovò nel resto del paese, e soprattutto nel Sud della penisola, una applicazione molto lenta.

Una “cruda” descrizione di ciò che ancora nel 1864 avveniva a Cosenza in questi casi ci viene presentata nei suoi scritti da Vincenzo Padula, letterato e sacerdote di Acri, secondo il quale in alcune chiese cittadine i morti venivano lasciati “disseccare” come dei “baccalà”. È un chiaro riferimento all’usanza di seppellire i defunti all’interno delle cripte cosiddette “a scolatoio”, nelle quali il cadavere veniva fatto asciugare naturalmente favorendo il deflusso dei liquidi corporei e “essiccando” il resto. Non solo. Padula aggiunge anche un altro particolare sull’usanza di far visita ad alcune di queste cripte in alcuni periodi, a rimarcare la labilità del confine tra la vita e la morte e per gli uomini del passato. Padula faceva riferimento, in particolare, al Cimitero di Santa Caterina, parte del complesso di San Francesco d’Assisi i cui locali furono svuotati e adibiti ad altro uso già nell‘800, ma nella città di Cosenza ci sono altri esempi.

Uno di quelli meglio conservati è la cripta della chiesa del SS. Salvatore, già dell’Arciconfraternita dei Sarti, fondata nel 1565. Nella navata, poco oltre l’ingresso, un’apertura nel pavimento dà accesso alla scala che immette nel locale dello scolatoio. Si tratta di un locale rettangolare coperto da volta a botte, che presenta un basso sedile che corre lungo tutto il perimetro della sala, con una serie di nicchie lungo le pareti. Al centro del soffitto una apertura comunicava con la navata soprastante, mentre in fondo alla sala un arco in tufo immette in un altro locale di minori dimensioni.

A Cosenza ce ne sono diversi altri, la gran parte dei quali però non è fruibile sia per le oggettive difficoltà di accesso, sia per le precarie condizioni statiche di scale e locali. Questa tipologia di cripta viene da qualche tempo, e poco pertinentemente, indicata con il nome “putridarium”, termine di recente utilizzo che asseconda un certo retrogusto macabro ma che non trova conferma nelle fonti locali d’epoca, che parlano genericamente di “sepolture”.

Un esempio molto interessante è quello della cripta con scolatoio presente sotto la cappella ottagonale della chiesa di San Domenico (PdV, 09/05/2013), un vano semicircolare caratterizzato da sedili in pietra. Altra cripta è presente sotto l’oratorio del Suffragio annesso alla chiesa di San Gaetano. Nella cattedrale merita un accenno la cripta a scolatoio all’interno della cappella dei Nobili, caratterizzata anch’essa da apertura della scala che immette nel piccolo vano circondato da sedili posto quasi al centro della cappella.

Particolarmente importante, ma di difficile accesso per condizioni pratiche, è poi il complesso di vani sottostanti la cappella della Consolazione nella chiesa di Sant’Agostino. Di sicuro altre chiese e cappelle cosentine avranno ulteriori esempi di questo tipo di sepoltura. Intanto la fruibilità della cripta dei sarti del SS. Salvatore permette di fare esperienza di un luogo simile. Un mondo tutto da indagare, al quale avvicinarsi senza pregiudizi e contestualizzando pratiche e spazi nel periodo di utilizzo, sapendo che si tratta di tracce significative della storia di un luogo.

Lorenzo Coscarella

Fonte articolo integrale:
Lorenzo Coscarella, Le cripte “a scolatoio” di Cosenza, in «Parola di Vita», 14 settembre 2022, p. 9.

Un capitello, una cripta, un affresco

La cappella ottagonale della chiesa cosentina di S. Domenico nasconde al di sotto una antica cripta, nella quale è emerso un piccolo capitello.

sottolottagono

Che Cosenza sia una città ricca di storia si sa. Che questa storia sia in gran parte sconosciuta o poco approfondita è altrettanto vero. Uno dei monumenti simbolo della città è senza dubbio il complesso di San Domenico, Continua a leggere